Il counseling espressivo, o art counseling, è un tipo di relazione d’aiuto che utilizza la creatività, il gioco, il movimento. Come altre forme di arteterapia, il counseling espressivo valorizza la comunicazione analogica e non verbale. La sessione di counseling espressivo può essere sia individuale che di gruppo. Il terapeuta incoraggia il paziente, o i pazienti, a esprimersi attraverso la creazione di un oggetto, e a tradurre le sue emozioni nella lingua del fare. Attraverso l’espressione artistica – un’immagine, una scultura, una danza, un racconto, le forme sono le più varie – possono riemergere anche i pensieri e i desideri più profondi, che la psiche aveva rimosso. Non solo il colore e il disegno sono strumenti di crescita, ma anche il gioco, la musica, la danza, il movimento creativo, l’espressione corporea, la fotografia, le immagini, la drammatizzazione, le rappresentazioni teatrali. La mia personale esperienza, contratta nell’ambito del counseling espressivo e dell’arteterapia, è stata un’emozione grande perché ho ripreso in mano i colori, e mi sono riappropriata dell’immaginazione dopo anni e anni di abbandono del disegno, nei quali mi ero dedicata esclusivamente al ragionamento formale, al pensiero e alla scrittura. Disegnando e colorando emergono paure e desideri, di cui, se si volesse razionalizzare a parole, non sempre si sarebbe capaci di dire. Invece l’emozione è istintiva ed istantanea, immediata, e arriva direttamente al cuore dei problemi. Spesso, nemmeno il cliente è del tutto consapevole delle sue emozioni e dei suoi desideri. Ed è proprio la seduta di counseling espressivo a rendere palesi i sentimenti interiori che agitano il suo animo e che chiedono di essere compresi, ascoltati e vissuti fino in fondo. L’importante è saper accogliere le emozioni, i desideri e le paure inconsapevoli, per fare loro spazio nella coscienza, come istanze che necessitano di essere poste al centro della vita esistenziale della persona umana, senza doverli necessariamente respingere all’indietro, per soffocarli. Perché tutto ciò che non viene ascoltato e accolto, si sedimenta diventando causa di disagio e di malessere.
Per un approccio filosofico al counseling Chi si rivolge al counselor sente la necessità di modificare i suoi comportamenti e i suoi atteggiamenti dentro relazioni e situazioni che egli non riesce più a gestire da protagonista ma che si trova, suo malgrado, a dover subire, senza volerlo Il Counseling non è un setting terapeutico, ma consiste in una relazione d'aiuto con l'altro, il cliente, che si trova in condizione di momentanea difficoltà e in uno stato di disagio passeggero, dovuto al contesto esterno, e al modo in cui egli si posiziona con il suo agire, all'interno di quelle dinamiche di relazione. Pertanto, chi si rivolge al counseling sente la necessità di modificare i suoi atteggiamenti e i suoi comportamenti dentro relazioni e situazioni disfunzionali, all'interno delle quali egli non si riesce più a riconoscere come protagonista, ma che è costretto, suo malgrado, a subire. Lungi dal voler qui ingaggiare una polemica con gli psicologi, che fanno counseling sen...
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